Consultazione popolare sui grandi carnivori. Il Commento del presidente della Comunità delle Giudicarie Giorgio Butterini
Serve un’attualizzazione del progetto life ursus

I commenti post elettorali sono fisiologicamente soggetti a letture e interpretazioni, spesso condizionate dalle posizioni di partenza. Una partecipazione del 43% potrebbe apparire debole, se valutata in termini assoluti; ma diventa molto significativa, se opportunamente contestualizzata: essa si è inserita infatti in una fase storica in cui si registra sistematicamente una bassa frequenza a qualsiasi invito alle urne, fenomeno confermato in molte municipalità anche nell’ultima tornata delle elezioni comunali.
Va inoltre detto che, sul tema specifico, in queste settimane serpeggiava sul territorio una sorta di rassegnazione diffusa, motivata dall’idea che, difficilmente, l’opinione della gente, raccolta attraverso la consultazione popolare, potesse incidere concretamente sulle scelte delle istituzioni competenti in materia, vista la stagnazione normativa che si riscontra nel merito. E questo sentimento si è spesso tramutato in astensionismo, anche da parte di coloro che comunque avvertono il problema.
I RISULTATI DELLA CONSULTAZIONE. Cosa ci ha detto la consultazione? In termini sostanziali, moltissima gente che vive nelle Giudicarie esprime forte preoccupazione per la massiccia concentrazione di grandi carnivori in un territorio circoscritto; a tale apprensione fa da eco la frustrazione degli allevatori, la categoria maggiormente colpita dall’azione di orsi e lupi.
L’analisi post voto, su cui si dedicheranno i sindaci nelle prossime settimane, dovrà ripartire proprio da una concreta riflessione sul binomio concettuale “quantità – spazio”, un aspetto richiamato anche nel Pacobace, il protocollo interregionale stilato all’epoca del lancio del progetto Life Ursus, che indicava l’arco alpino orientale come ambito di riferimento per la conservazione dell’orso bruno.
I plantigradi, reintrodotti nel territorio del Parco naturale Adamello Brenta, avrebbero dovuto distribuirsi spontaneamente quindi in diverse regioni. È ciò che non è praticamente accaduto. Gli orsi, le femmine in particolare, appaiono stanziali e, nel momento in cui la quantità di esemplari ufficialmente censiti appare doppia rispetto al citato “numero minimo”, automaticamente i problemi si accentuano.
RIPARTIRE DAL PROGETTO LIFE URSUS. Banalmente, se i 120 esemplari dichiarati nel 2024 fossero distribuiti sull’intera area alpina, anziché quasi esclusivamente nelle vallate del Trentino occidentale, la situazione diverrebbe maggiormente sostenibile.
In pratica, prima ancora di parlare di abbattimenti, su base proporzionale, di animali appartenenti a una specie protetta, dovremmo opportunamente tornare alle origini del protocollo, invitando tutti i soggetti territoriali coinvolti a farsi carico del proprio “contingente”.
Tradotto: se la popolazione orsina non si espande sull’ambito individuato nel progetto, bisognerebbe forzare la dinamica. “Come farlo” ce lo dicano gli esperti. Questa, secondo la mia opinione, dovrebbe essere la vera mission della politica, coerente con la visione che sin dall’origine ha ispirato il piano.
L’URGENZA DI UNA POLITICA CONCRETA. Differente è il discorso riguardante il lupo, una specie che, se non erro, è soggetta a una diversa tutela. Le definizioni e le classificazioni, auspicabilmente espresse su base scientifica, hanno un valore e quindi dovremmo evitare di adottare nei confronti di categorie animali diverse, sul piano della valutazione tecnica, gli stessi pesi e le stesse misure.
Tutto ciò premesso, ritengo che le azioni della politica non debbano essere ulteriormente rimandate o mantenute in una condizione magmatica, mitigata solo da leggi palliative, come quelle inerenti alla rimozione dei “soggetti confidenti”, ma vadano guidate dalla comunità scientifica, in ragione di ponderazioni oggettive e profonde.
Proceduralmente, va aggiornato e attualizzato il protocollo, richiamando tutti i soggetti che originariamente lo sottoscrissero a farsi carico della propria parte, in coerenza con gli impegni presi. Non è accettabile che quello dei grandi carnivori rimanga solo un problema di parte del Trentino e che la popolazione locale venga additata genericamente come “brutta e cattiva”.
VERSO UNA POSIZIONE UNITARIA. Nelle prossime settimane, sottoporrò quest’idea al consiglio dei sindaci e, qualora venga condivisa dai primi cittadini giudicariesi, verrà successivamente esposta agli amministratori delle altre vallate trentine interessate dal fenomeno.
L’intenzione è rivolgerci congiuntamente verso tutte le istituzioni formalmente competenti in materia di grandi carnivori, per chiedere con determinazione che la situazione venga seriamente e finalmente affrontata.
Prima ancora delle soluzioni, ci aspettiamo un’analisi che non prescinda dall’opinione di chi il territorio lo vive e lo valorizza. E questo è il messaggio emerso dalla consultazione.














