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Simboli e partiti
Scritto da Adelino Amistadi   
Martedì 17 Novembre 2015 13:09

In questi giorni leggevo con un po’ di disgusto la continua rincorsa alla costituzione di nuovi partiti, nuovi simboli, nuovi gruppi politici che si preparano alle elezioni nazionali che Renzi dice di voler indire per il 2018, ma in molti prevedono già nell’autunno del prossimo anno. 

La cosa sembra contamini anche il nostro Trentino dove sono già pronte nuove sigle, nuovi partiti, anche se, purtroppo, sempre con i soliti nomi. Nomi usurati e decrepiti che farebbero bene a starsene a casa, ma si sa, l’ambizione e la cupidigia, spesse volte, fanno perdere il lume. Sono andato col pensiero alle mie prime esperienze politiche ed ho rivisto con piacere sfilare nella mia mente simboli e partiti ormai finiti nel cassetto dei ricordi. Permettetemi di raccontarvi, così come l’ho vissuta, la loro storia e l’evolversi, con i simboli, della politica italiana.

Già verso la fine del fascismo, con l’affermarsi delle ideologie, seppur combattute, iniziarono a costituirsi i partiti di massa, in attesa che la guerra finisse, per essere  così pronti a riprendere in mano l’Italia. Quindi dopo la seconda guerra mondiale e la caduta del fascismo, iniziarono gli anni della prima Repubblica e sulla scheda elettorale gli Italiani si trovarono lo scudo crociato, la falce e il martello, la fiamma e l’edera. Simboli, ma anche identità di idee, di ceti elettorali, e di prospettive politiche per il futuro.

Nelle elezioni del ‘48, le prime che io ricordi, i comunisti e i socialisti si presentarono assieme con il Fronte Popolare, il loro simbolo era il volto di Giuseppe Garibaldi, dopo aver messo da parte la falce e il martello, ma la cosa non funzionò e vinse la Democrazia Cristiana con lo scudo crociato, e fu in quelle elezioni che il simbolo significò l’ideologia, e l’uno divenne identitario dell’altro.

 

 

L’immagine dei leader, già allora, era  fondamentale. Per la DC c’era DeGasperi, per noi trentini in particolare, ma stimato ed amato in tutta Italia. Il Pci, che si era ben presto liberato dei socialisti ed aveva ripreso il suo simbolo classico, si identificava in Togliatti, il Psi in Pietro Nenni. La gente li seguiva nei comizi in piazza sempre molto partecipati, c’era gran voglia di far politica dopo il buio fascista. Poi arrivò la televisione ed allora i comizi si trasferirono negli studi televisivi con le tribune politiche, e gli elettori vennero sostituiti  dai giornalisti che pretendevano, e pretendono tutt’ora, di rappresentarli. Dalla TV in bianco e nero alla TV a colori. Mi sembra che i radicali furono i primi ad accostare nel loro simbolo il nome di Marco Pannella, persino i Verdi archiviarono i loro simboli tradizionali, finché arrivò la Lega Nord di Bossi che irrompe con il suo Alberto da Giussano. Ma i partiti del dopoguerra comunque rimasero solidi nelle loro visioni del mondo e nei simboli che li identificavano, anche se il cambiamento era alle porte. E così arriva la seconda repubblica e si impone un nuovo modo di fare partito, nasce Forza Italia. Simbolo e nome portano a nuove immagini identitarie, il tutto ideato e proposte con nuove strategie di marketing con l’obbiettivo di chiudere con il passato e guardare al futuro. Nel frattempo, con tangentopoli, gran parte dei simboli e rispettivi partiti, sono stati travolti dallo tsunami politico giudiziario d’allora e sono spariti nel nulla.

E’ con il 1994 che ormai i simboli perdono di significato e del loro valore identitario. Con la frammentazione delle ideologie e lo scioglimento dei partiti tradizionali esplodono le sigle, nascono movimenti fantasiosi e coloriti. Ci sono nuovi partiti che vivono una stagione poi spariscono, altri che si fondono, fusioni che porteranno alla nascita del PD  e poi di PDL. Alle ultime elezioni politiche erano più di settanta le formazioni politiche che hanno tentato la sorte elettorale. La novità principale di questi ultimi anni è stato il Movimenti 5 stelle che ha rotto un po’ tutti gli schemi, tant’è che il loro leader non si è mai candidato. I simboli si sono sempre adeguati alle epoche in cui sono stati protagonisti. Ed ancor più oggi, con internet, hanno assunto un altro valore. In passato, ricordo, i partiti più grandi avevano al loro interno chi si occupava di grafica e comunicazione, l’ha fatto anch’io, oggi, mi dicono, che i marchi politici così come le campagne elettorali sono progettati da agenzie pubblicitarie. Le elezioni si basano ormai su strategie commerciali e mercatistiche. Più o meno le stesse cose succedono anche  in Trentino, nelle ultime elezioni provinciali, si sono visti simboli allucinanti che rappresentavano solo la voglia di conservazione di personaggi che ben poco han dato alla politica provinciale e molto di più hanno ricevuto. Personaggi che hanno frastornato la voglia di esserci di molti Trentini che infatti hanno abbandonato le urne. E sembra che non sia finita. Già c’è chi pensa alle prossime e le agenzie di marketing stanno già studiando i marchi politico-mercelogici per la prossima tornata.  Rassegnamoci. Ormai la politica è un mercato, anzi lo è da tempo. Gli elettori non se ne sono accorti, ma i simboli ormai sono come i marchi che riempiono i supermercati. E quelli che se ne sono accorti, schifati, non vanno più a votare. Quel cerchietto sulla scheda ormai non rappresenta più il nostro partito, ma un gruppo di politici che tentano in qualche modo di sopravvivere. Le ideologie, buone o cattive che fossero, ma sempre espressioni di ideali visioni del mondo, sono cadute inesorabilmente con la caduta del Muro di Berlino, un muro che per decenni ha diviso due mondi e non solo ideologicamente.